Precario – Semplificazioni

Un mondo di semplificazioni.
Dannata pioggia, mi costringe ad assistere alla proiezione di famiglia tipica nella mia casa: io, papà ed Elena.
Se ricordate, non so se mio padre si scopi Elena ma passa una tale quantità di ore in casa nostra da farmi credere impossibile il contrario. Chi permetterebbe ad una donna di stare in casa senza un ricambio bagnato ? Io no e nemmeno mio padre.

Preambolo: scena da sit com.
Siamo seduti tutte e tre sul divano, sto in mezzo, seduto dritto chiedendomi il perché ?
Ah già, piove.
Guardiamo un telegiornale semplificato.

E’ magnifico come descrivono Al-Qaeda, la frase standard è: si sospetta ci sia la mano di Al-Qaeda.
Non so a voi ma qui mi si crea in testa un’immagine di tredici beduini seduti ad una tavola circolare, situato in un bunker ad un chilometro di profondità, con le pareti buie, illuminato c’è solo la tavola ed un grosso mappamondo digitale.
Qual è il prossimo obbiettivo ?
Il Big Ben! Non so perché, non c’è un motivo pratico o economico da giustificare il costo e i rischi dell’operazione ma non me ne fotte, deve andare giù. Cazzo!
Non ci riuscirete mai! Dice Pierce Brosnan legato ad una sedia nell’ombra prima che una scarica di AK lo zittisca per sempre.
I mammalucchi ridono lisciandosi le lunghe barbe.
Lasciatele entrare! Dice una di loro, sedici deliziose e spaventate minorenni entrano pronte ad essere violate, i beduini ridono e sbavano malvagiamente.
Si sente anche qualcosa di antisemita.

Intanto in qualche posto, in qualche parte di Londra, Roger Smith, custode del Big Ben a casa in malattia, sta facendo delle cose tipicamente inglesi quando uno squadrone congiunto di CIA, MI5, FBI e altri acronimi sfondano la sua porta ed entrano in casa.
Gary Sinise si avvicina a Smith e in tono serioso gli annuncia: Signor Smith, abbiamo evidenti ragioni per credere che dietro la sua diarrea ci sia Al-Qaeda!
Oddio, sapevo che non poteva essere una cosa naturale!
Da quanto tempo è in questa scomoda situazione ?
Circa quattro giorni.
Quante volte al giorno ?
In medie, sette.
Oddio, è peggio di quello che avevamo previsto.
Cosa sta succedendo ?
Smith suda, è sconvolto, Gary Sinise lo afferra per le spalle: Signor Smith deve essere forte, ora le mostrerò una foto, è di grande importanza che lei la guardi con attenzione e ci dica se ha mai visto l’uomo lì ritratto. Tre nostri agenti sono morti per farci avere questa foto, uno di loro era Pierce Brosnan.
Gary Sinise piazza davanti gli occhi di Smith una foto che ritrae Naveen Andrews.
Questo è l’uomo che mi ha sostituito a lavoro!
Oh mio Dio!

La voce quasi piagnucolosa di Elena mi strappa dalla mia fantasia, non so cosa è successo nel frattempo ma il telegiornale è finito, ora c’è quello che oggi chiamano “Rotocalco”.
Ho molta stima per chi scrive questi programmi, sul serio. Non è facile parlare per tre ore di un fatto di cronaca.
Che altro ci sarebbe da dire oltre hanno travata sta ragazzetta morta, con ‘na cortellata e mo stanno a ‘ndaga e sar cazzo chi è stato.
Invece loro no, per tre ore parlano della stessa storia.

Povero, dice Elena quasi in lacrime.
C’è questo tizio, parla del parente o chi per lui che gli hanno ammazzato, piangendo davanti alla telecamera, con lunghi silenzi (ehi così non vale), voce strozzata e altre menate.
Che senso ha farlo ? Come si può solo pensare di esprimere un sentimento assolutamente personale come il dolore in una maniera del genere ? Evidentemente non sa cosa sia il dolore.

Mi rifugio di nuovo nella mia fantasia, ora c’è il principe Harry sulle rovine del Big Ben, canottiera sudatissima, M60 in braccio e spara falciando ondate di cavalca cammelli.
Non vi è bastato l’Afganistan ? Dovevate seguirmi ?
Falcia l’ultima ondata, si avvicina all’ultimo kebbabaro vivo che si trascina a terra verso la sua arma, gli poggia il piede sulla la schiena fermandolo, sfila un sigaro come per magia, lo accende sul rovente M60 e fa una boccata.
State fuori dal mio Impero! Dice all’indossa turbante prima di scaricargli addosso una carica di M60.

Distanti, tra le rovine i fantasmi delle Regina Vittoria e Wiston Churchill guardano soddisfatti. All’improvviso appare affianco a loro il fantasma sorridente di Pierce Brosnan.

Slon

La punizione

Prima sensazione, sorpresa mista a spavento, seguita da logiche domande.

Perché non ci vedo ? Dove sono ? Sono legata ?
Rewind mentale in cerca di risposte: era venuto a casa, uno dei tanti, non so nemmeno quale.
Si aggiunga un’altra domanda: come fa a sapere dove abito ?
Mi ha fatto qualcosa, mi ha colpita ? Si, sento la tempia umida.
Mi ha portata via di casa svenuta, ulteriore domanda: E’ possibile che nessuno l’abbia visto ?
Domanda chiave: Dove sono ora ?
Fa freddo, forse un garage ? No sento soffi d’aria fresca sul collo.
Silenzio, qualcosa in lontananza, forse un cane.

Dei passi sempre più vicini interruppero i suoi pensieri, era davanti a lei e con uno scatto di mano le sfilò il sacco dalla testa.
E luce fu.
Quattro pareti di legno, una lampadina fioca, lei legata per bene ad una sedie e difronte il patetico ometto che credeva di controllare.

Ha una sacca stretta e lunga a tracollo, un fucile da caccia forse, una catapecchia di legno, poco illuminata, silenzio assoluto: sono nel bosco!

Potere dell’associazione di idee.

Voleva urlargli un mondo di cose ma lo osservò in silenzio mentre prendeva una sedia, la piazzava davanti a lei e sedeva poggiando contemporaneamente la sacca terra.
Stava sforzando di ricordarsi chi fosse dei circa sette rimbambiti di mezza età con cui aveva avuto a che fare ultimamente.
Sembravano tutti uguali, tozzi e bassi, calvi e sudaticci. Lui non era da meno.

Prima domanda, disse lui, davvero credevi che fossi così stupido ?
Cosa ?
Cosa ? Cosa il cazzo. Con me hai usato la scusa del visto per tua sorella, con gli altri invece ?
Gli altri ? Ora era chiaro chi fosse: il professore coglione che non si era mai sposato. Nemmeno ora ricordava il nome ma non le importava, la domanda era come avesse fatto un coglione a metterla in quella dispari condizione.
Si, gli altri che hai fottuto. Quando vi alzate al mese ? Trentamila ? Cinquanta ?
Cosa dici ? Non capisco.
No quello che non capisco sono io, la domanda è sempre la stessa: credevi che fossi così stupido ?
Lunga pausa silenziosa.
Sì. Che altro c’era da dire ? Preferì la rassegnata sincerità alle scuse, sapeva riconoscere il fesso ed ora non ne aveva davanti uno. Aveva sul volto quell’espressione di gioia, una gioia sadica che lei sapeva riconoscere benissimo. La sua vanità svanì immediatamente, aveva finito di giocare.
Peccato non accorgersene prima.
Apprezzo la sincerità. Bel piano il vostro, gli stronzi abbondano e voi ne approfittate. Parenti malati da far venire qui, soldi in debito da brutta gente, costose operazioni a cui sottoporvi eccetera eccetera eccetera.
Rivuoi indietro i tuoi soldi ? Posso farteli avere.
No, mai interessati molto i soldi.
E allora ? Ti dirò i nomi degli altri due…
Nemmeno.
E cosa vuoi ? Perché mi fai questo ?
Voglio una risposta ad una seconda domanda: credi che per un solo istante io sia stato in tuo gioco ?
Non ho capito.
Credi davvero che io abbia creduto minimamente alle tue parole mentre ti strusciavi addosso per poi raffreddarti al solo pensiero di tua sorella mentre moriva di fame ?
Sì. Il pianto cominciò a farsi strada, questa volta un pianto vero. Una vittoria per lui, il piacere che provava aumentò a dismisura.
Sbagliato, l’ho sempre saputo chi eri e che volevi.
E allora perché mi hai dato i soldi ? Perché sei stato attorno a me ? Chiese urlando tra il pianto.
Brava, la terza domanda è la tua e la risposta è la mia.
Porto le mani verso la sacca, aprì la cerniera e tiro via un fucile da caccia tenuto a lucido. Gli occhi di lei fissavano la canna con orrore.
Sono stato al tuo gioco perché era esattamente quello che volevo, non vedevo l’ora di stare qui difronte a te con lui in mano.
Non capisco.
Come dire, ognuno ha il suo modo di passare il tempo, il mio è occuparmi di quelle come te. Anche se mi serve un alibi per quella roba della coscienza. Unisco il divertimento alla convinzione di fare qualcosa per il mondo.
Il tuo errore non è stato capire cosa io volessi veramente.
Altro lungo silenzio. Lei ripassava in mente la sua risposta, non aveva capito molto.
Si alzò, lei cominciò ad agitarsi cadendo rovinosamente a terra con la sedia, senti un secco crack! e un forte dolore venire dal polso destro ma non gli diede importanza, troppo impegnata a supplicare e promettere soluzioni vantaggiose sparando mille parole al secondo ma fu zittita dal gesto di lui che si chinò e delicatamente le diede baciò al lato della fronte.
Sappi che questa non è una vendetta, è una punizione.
Senti un freddo metallico nel punto dove l’aveva baciata.

Slon

A volte anche la merda è utile; in questo caso da una spinta a continuare a non perdere l’abitudine nel postare qui, come per ricordarti che hai sempre un “impegno” e che averlo ti fa piacere.
Quindi godetevi ‘sta merda di una pagina e mezza di Office.
E sappiate che questo non è un racconto degno di questo blog, ma appunto è ‘na merda.

Ringrazio gli altri due stronzi che scrivono qui, voi sapete il perché. Avete continuato aspettando me (cit.)
Grazie davvero.

Un sorriso anche a Mr Black che ha fatto l’ospitata, per gli altri quaquaraquà: vergogna, siete solo chiacchiere e distintivo =(

Slonna

Polvere (Libera Nos a Malo)

“Non biasimatelo se egli adesso la vede, e non date a lui la colpa se diventa matto solo perchè maestri e sacerdoti non furono abbastanza saggi da insegnarli che l’esplorazione della realtà non ha mai termine, e che siamo degli stronzi a limitarci all’abbiccì del mondo.”

Henry Chinaski, Los Angeles 1967

Zion appoggiò su di me il suo sguardo interrogativo, insieme a quell’espressione di esagerata rassegnazione pietosa che ormai conoscevo bene, come se dovesse ricordarmi di continuo quanto gli pesasse sopportarmi e viaggiare con me, io che ero così stupido, così limitato, così inesperto, così…umano.

Ma avevo imparato presto che questo atteggiamento era solo il suo modo di gestire le nostre profonde differenze; dove io avevo inizialmente reagito con lo stupore e la paura, e in seguito con il rispetto e la pazienza, lei reagiva con l’orgoglio e il sarcasmo. Non era un rapporto poi molto diverso da quello che avrei potuto avere con altre persone come me, altre persone “normali”.

Ci si passa tranquillamente sopra, se ci sono degli obiettivi in comune o se semplicemente ci si vuole bene. Tutt’ora non so quale delle due cose fosse la mia giustificazione. Non ha importanza.

“Continua a leggere.”

Zion emise uno dei suoi ringhi leggeri di frustazione, e continuò a scartabellare tra i vecchi fogli sparsi pieni di scritte sottili. Ricominciò a leggere a voce alta.

“Una volta, prima della Guerra, prima dei numeri e dei simboli, era conosciuto come il Re della Polvere, anche se nessuno sembrava ricordarsi perchè. La gente gli aveva dato quel soprannome più che altro per sapere come riferirsi a lui, dato che aveva la bizzarra abitudine di presentarsi sempre con nomi diversi. Lo si vedeva spesso saltellare di qua e di là, nei quartieri bassi di Meralosca, dove viveva; eppure, i singolari servigi che offriva erano spesso richiesti anche dagli altri quartieri e perfino dalle Corti, di quando in quando. Di origine era umano, e proveniva dalla Concezione del Compromesso. Non aveva sangue di Artista, come molti pensavano: spesso doveva ingaggiare agenti esterni, mercenari della Creazione, per riuscire a tradurre determinate voci e a trattare con i suoi clienti. Ma c’era una cosa in lui che nessun altro sembrava avere, ovvero una smisurata empatia nel capire istantaneamente cosa la gente desiderasse, nel profondo delle loro anime. Oltre a questo, possedeva una scaltrezza da brigante e un approccio molto….Dio della pazienza, cosa sono queste idiozie?”

Zion roteò gli occhi al cielo ed emise un flebile ululato. Ridacchiai.

“Sai, se fosse rimasto nella mia vecchia concezione, un tizio così sarebbe stato veramente un personaggio. Probabilmente avrebbe fondato una religione tutta sua.”

“Dal poco che so della tua concezione, un tipo così lo avrebbero ammazzato prima che iniziasse a fare danni. In ogni caso non mi sembra nulla che ci possa essere utile, e nemmeno niente di interessante. Dove hai trovato questi appunti?”

“Non…” mi bloccai di colpo, una fitta feroce di dolore alla testa mi paralizzò per qualche secondo. Non era la prima. Da quattro giorni ormai mi preparavo silenziosamente a sognare: quattro giorni di veglia, di meditazione, digiuno e strani piccoli rituali per stimolare la mente. Ma la mia mente era solo umana, e non completamente abituata ai cambi di strato. Sognare era ancora doloroso, per uno come me.

Mi aspettavo che Zion ripetesse la domanda, che mi schernisse addirittura, eppure tacque. Mise da parte i fogli di appunti e aspettò che l’ondata di dolore se ne andasse, poi abbaiò.

“E’ un errore. Non sai nulla di questo tizio, e anche se fossimo sicuri che può aiutarci, tu non sai ancora sognare da solo. Nel migliore dei casi rischi di tornare impazzito. Nel peggiore..beh, lo sai. Non lo fare.”

“Alternative? Uscire ed essere catturati oppure rimanere in questo scantinato a litigare fino a che non marcisce il tempo. Rischio volentieri.”

Silenzio nervoso.

“Il Re ci serve, canefinto. So io perchè. Tu pensa a fare la guardia, che io vado a prendere il nostro profeta per le orecchie.”

L’incenso bruciava lentamente, facendo il rumore di treni immobili, arrugginiti e abbandonati, il loro carico di ricordi saccheggiati dai vagabondi del Sentire.

Kire

What happened to you, Michael Collins?

Il contatto radio è cessato e adesso sono davvero solo. Il modulo di comando è angusto e scomodo, ma oramai è come casa mia. E ora sono a casa da solo.
Il LEM è sceso e ora quei due se ne vanno a spasso sulla Luna, e io non potrò mai farlo. Pazienza. Ma non ho molti rimpianti; forse in pochi si ricorderanno di me, ma ho fatto il mio dovere e ne sono onorato. La faccia oscura della luna mi guarda da sotto il modulo. Il mio modulo. La mia luna. Siamo in pochi ad aver visto di persona questo segreto del cosmo. Ricordo di qualche burlone che diceva che i nazisti ci hanno costruito una base. Sorrido tra me all’idea di orde di Schutzstaffel nascoste fra quei crateri. Non sembrano granchè ospitali.
Quarantotto minuti sono lunghi qui. Abbastanza per essere assaliti dall’ansia. Chissà come stanno Neil ed Edwin, chissà cosa stanno pensando a terra. Devo ammettere di avere paura. Tra poco i contatti radio saranno ripristinati, risentirò i ragazzi del controllo a terra e tirerò un sospiro di sollievo.
Eppure credo che mi mancheranno, questi momenti di estremo silenzio che non rivivrò mai più. Questi attimi nei quali mai, dai tempi di Adamo, un uomo ha vissuto una così intensa solitudine.

Opossum