Due passi

Fantasia e istruzione non sono qualità molto diffuse di questi tempi.
Ma anche per chi ne è provvisto, guardare fuori dalla finestra ed immaginare come fosse il paesaggio prima del Default resta un’impresa quasi impossibile.
L’idea di città, intesa come agglomerato di esseri viventi, esiste ancora; qualsiasi altra sfumatura è andata persa, divorata fino all’osso dagli anni e dalla miseria. Il quartiere ricco a ovest resta distante, inaccessibile e letale, tanto quanto potrebbe esserlo il sole; del pianeta terra restano mattoni, desolazione e immondizia. Tanta immondizia.
I ricchi e i poveri esistono ancora, la differenza è che con il passare del tempo i primi controllano e sfruttano sempre meno i secondi. Gli unici, indiretti legami tra questi due mondi sono il sistema del lavoro organizzato (le acciaierie), e la polizia. Le prime portano sempre meno profitti, e la seconda interviene sempre più raramente nella vita di strada.
L’atmosfera generale, percepibile solo dai più istruiti e dai più furbi, è che sia questione di pochi anni, prima che gli ultimi barlumi di sistema sociale crollino sotto il peso del cadavere dell’economia e dell’anarchia cieca e affamata.
Solo due edifici, cupi e immortali, sembrano voler ancora testardamente recitare il ruolo che il vecchio mondo aveva scelto per loro. Il primo sono le acciaierie nella zona industriale sud, cuore pulsante di ciò che resta del concetto di lavoro e produzione, scheletro ancestrale che tesse sudari ad un telaio. Il secondo è il vecchio putrido ospedale sulla St. Jude, che in realtà si presta di più al ruolo di chiesa o di ufficio postale, dove invece di fare la coda per spedire la tua lettera al tuo amico, fai la coda per spedire la tua anima all’universo. Nessun sano di mente va in quell’ospedale con la speranza di farsi curare; ci va solo chi è abbastanza ferito o malato da esserne felice, perché sa che morirà su un materasso putrido con un piatto di minestra annacquata davanti, piuttosto che dentro un canale di scolo con resti di immondizia nelle budella.
Facciamo due passi.
A est c’è Mistat, un quartiere molto vasto concepito poco prima della Crisi, che avebbe dovuto dare nuova linfa vitale alla città e alla sua economia.
Enormi edifici, all’epoca in costruzione, appaiono ora come gusci spettrali di larve gigantesche. Mattoni grezzi, finestre di cartone, lastre di compensato come porte, bidoni pieni di fiamme come riscaldamento centralizzato e microonde per il cibo. L’immondizia è il combustibile fossile di quest’epoca: fumo tossico abbraccia calorosamente allo stesso tempo stanze e polmoni, riscaldando e uccidendo con uguale misericordia. Gli esterni dei palazzi sono ricoperti da traballanti armature di costruzione, continuamente ampliate nel corso degli anni fino a creare una capillare e fittissima rete di passerelle tra un piano e l’altro, tra un edificio e l’altro, tanto vaste quanto pericolanti. Bambini vestiti di stracci si rincorrono tra i tralicci, a volte per giocare, a volte per uccidersi: non c’è una grande differenza tra le due cose. Innocenza, speranza e futuro sono parole dimenticate e prive di senso, crescere significa soltanto imparare a sottomettere i più deboli. Gli adulti ciondolano tra le stanze semivuote e gli oceani di rifiuti, scavando, costruendo, barattando merda con altra merda, con l’unico vano obiettivo di placare la fame, i sensi, e di riuscire ad addormentarsi. Il risveglio invece, non è tra le aspettative più gettonate.
L’agglomerato a nord, che ad una prima occhiata potrebbe sembrare almeno leggermente più vivibile, è invece paradossalmente ancora più letale e pericoloso. Il motivo è semplicemente che qui si trova più ciarpame e più immondizia, la nuova e putrescente incarnazione dell’immortale dio denaro. Pochi, oscuri e relativamente inattaccabili ricettatori continuano a favorire il commercio di cibo, droga, utensili e giocattoli umani, alimentando a loro volta miriadi di loschi e piccoli traffici nelle strade. Questi ricettatori oltre a beni commerciano anche servizi, prendendo il posto degli antichi gangster, fornendo protezione ai pochissimi bar e negozi rimasti aperti, e braccia armate a chiunque sia in grado di permettersele. A volte può capitare di vedere la parola giustizia, in qualche vecchio graffito su muri odoranti di piscio. Ma anche per chi sa leggere, il concetto resta vago, astratto. Chiunque può fare quello che gli pare quando gli pare. Il solo camminare in questi quartieri significa essere analizzato da chiunque, e attaccato, minacciato o stuprato nel caso l’analisi sia soddisfacente.
A ovest, il quartiere ricco, ma chi l’ha mai visto, a parte i ricchi e gli sbirri? Enormi muri di cinta, cancelli fortificati, guardie armate e quelle piccole cose bianche che controllano tutto, le telecamere..e chissà quali altre diavolerie da ricchi. I più sognatori, i pochi rimasti, a volte si mettono a ciondolare sull’argine del XXX, guardando i palazzoni puliti e illuminati, fantasticando su quale vita incredibile si stia svolgendo dentro quei muri.
Gli stessi sognatori che ogni primo mercoledì del mese, quando le ciminiere delle acciaierie smettono di vomitare fumo per routine di manutenzione, si stendono sui tetti dei condomini più alti, fissando il mondo sopra colorato con i colori del sole, del tramonto e delle stelle, sospirando mentre provano un’emozione che non capiscono, come una nostalgia per qualcosa che non hanno mai vissuto.
Kiree

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