Moleskifi [Pillole LDCDS]

Poi non ho scritto più niente perché non mi veniva più in mente un argomento su cui scrivere. Una storia, dei personaggi. Una cazzo di ambientazione. Niente, vuoto. Stavo lì alla finestra ad aspettare l’ispirazione ed era dura perché abito praticamente sottoterra – avessi avuto almeno un bel finestrone che dava sul Monte Baldo. Non avrei scritto niente lo stesso, anzi, forse meno, ma almeno mi sarei goduto un bel panorama col Baldo innevato (se inverno) o il Garda luccicante nella brezza (se estate). Il mio panorama erano i piedi dei parenti che passavano nel cortile. Non lo potevo neanche chiamare “blocco dello scrittore” perché avrebbe automaticamente sottinteso un paradosso, ovvero una mia presunta condizione di “scrittore”, cosa che non si poteva dare in alcun universo conosciuto. Allora si dava che fosse la molto più adatta sindrome del foglio bianco, che dopo il tardissimo Novecento è diventata sindrome del New Document nel Word Processor, che è la stessa cosa nonostante consumi più corrente e sia marginalmente positiva per gli alberi non più costretti a morire per dare sfogo ai pensieri impuri dei segaioli dalla prosa d’accatto. Dopo parecchio lambiccarmi e disperarmi ero arrivato ad insultarmi perché le mie idee facevano pietà, e quando non ne ho avute proprio più quasi quasi rivolevo le idee pietose. Non potevo farmi un discorso di carica allo specchio perché non ci tenevo tanto a guardarmi, erano molto meglio i piedi dei miei parenti. Ero rimasto senza alternative. Ed era in fondo un’opportunità. Avrei potuto raccontare la storia di un autore rimasto senza alternative, no? Una vicenda a suo modo epica vicina in spirito all’uomo comune che balbetta poesiole sulla sua moleskine. Ma poi non ho scritto più niente.

 

Opossum