Il Custode

A Seth non piaceva Raoen, lo rendeva nervoso.
Non era la distanza da casa a renderlo nervoso, né il cibo o la gente o il clima del luogo.

Cinque dei suoi sette compagni erano arrabbiati, furiosi, non in grado di compiere un lavoro degno e quando lavoravi oltre il confine un lavoro degno era l’unica opzione.

Il Consiglio voleva un morto e un trofeo.
Uomini arrabbiati possono procurarti un morto e un trofeo, qualsiasi esso sia.
Tre sere prima Lohan aveva ottenuto informazioni e un morto, per gli standard di Seth, gli stessi che lui insisteva a far adottare ai suoi uomini, le informazioni non costavano un morto.
Lohan aveva dimenticato quest’aspetto quando fece sputare sangue, vita e il nome della Locanda Altura dalla bocca di un mendicante. Lohan era arrabbiato, Lohan aveva dimenticato cosa era.
Questo era un altro motivo che rendeva nervoso Seth.

Il gruppo di cui Seth faceva parte non aveva un nome.
Un dettaglio che accresceva ancor di più la fama delle spie al saldo del Consiglio, sovrano delle terre di Pentel.
L’egemonia di Pentel era forte da secoli e si diceva che il Consiglio avesse orecchie ovunque, nelle case della sua gente e nelle case oltre i confini.
Niente di più falso. Il gruppo era stato inattivo per la grande maggioranza della storia di Pentel e aveva operato oltre i confini ben poche volte, compiti marginali, recupero di informazioni inutili.
Ma le storie su come senza muovere un solo battaglione Pentel difendesse i suoi interessi con solo pochi invisibili uomini erano tante lo stesso.
Ora era diverso, il gruppo era in terra straniera per prendere la testa di un uomo.

Questo era un ulteriore motivo che rendeva nervoso Seth.

Il Custode, secondo quando detto dal mendicante, era un frequentatore abituale della Locanda Altura.
Il Custode era il morto, la sua testa il trofeo.
Questo era il principale motivo che rendeva nervoso Seth.

Per uno cresciuto a Pentel l’insegnamento era che i seguaci del culto del dio morto erano ciarlatani.
La loro ostentazione contro il progresso e la modernità e il semplice fatto di adorare un dio morto non portava altro che derisione. Nessuno badava a loro, nessuno era preoccupato da loro.
I Custodi susseguitesi nel corso degli anni avevano svolto la loro opera di predicazione tenendo vivo un culto in emorragia di adepti, trent’anni prima il Custode Foval aveva danneggiato varie costruzioni industriali e ferrovie con la motivazione che tali opere sfiguravano il cadavere di Vannohel, il dio morto.
La visione di Foval era delirante: Il cadavere non era altro che la Terra stessa e i cultisti, in quanto curatori del corpo, avevano il dovere di compiere atti di terrorismo per fermare lo scempio.
Fovel penzolò da una corda in breve tempo, il Culto fu dichiarato illegale e si nascose in una clandestinità mai troppo osteggiata.

Montebiel era un fiorente porto e la sua industria arredava di nero il cielo sopra la città, le ciminiere sputavano giganteschi spifferi scuri giorno e notte. Quel nero cielo e i nuvoloni gialli erano simbolo della ricchezza di Pentel, Montebiel non era la capitale ma era la turbina della nazione.
Fino a quando, poche settimane prima, Montebiel aveva cessato di esistere.
Il nuovo Custode operava lì, pochi se ne interessavano, era solo l’ennesimo ciarlatano dalla bocca larga.
Le parole dei pochi sopravvissuti al cataclisma di Montebiel avevano acceso una miccia in tutta la nazione, false o vere ora gruppi di seguaci si riunivano in un vero e proprio esercito. Non ancora pericolosi ma alquanto noiosi.
La storia era di sicuro falsa e stupida: si diceva che il Custode avesse cominciato a camminare sulla spiagge seguito da altri cultisti e dall’acqua del mare, in una notte gran parte della città era stata inghiottita.
Non c’erano vere spiegazioni sul perché l’operosa Montebiel fosse morta sotto la foga di una violenta e inaspettata marea ma la coincidenza con i tumulti dei Cultisti preoccupava il Consiglio già indaffarato con questioni ben più urgenti e ora la civile nazione di Pentel voleva una testa da esporre per calmare gli animi, per far capire ai disagiati religiosi che non c’era alcun dio morto e vendicativo.

Era idea di Seth che un’esecuzione avrebbe dato altre motivazioni alla loro causa ma la politica non era il suo campo.

Quella era la terza notte alla locanda, era la terza notte che lui e i suoi pretendevano di passare per normali consumatori, sommersi in quel circo di canzoni improvvisate, chiacchiericcio continuo, puzza di alcol e gente disgustosa in generale. Del Custode nessuna traccia eppure le voci dicevano che si era spostato a Raoen.

Seth fissava la struttura in legno.
La locanda era su due piani, la sala al piano terra era composta da trenta tavoli, più una grande tavola comune, la cucina non era separata dal resto, sulle griglie grossi pezzi di carne cuocevano senza mai una sosta, il grasso colava sulle fiamme inondando l’aria di un odore dapprima appetitoso e di seguito nauseante quando sostavi lì per una notte intera. Le travi di legno erano annerite dal fumo e potevi grattarci grosse il grasso spalmato dalle lunghe grigliate. Servivano solo birra e vino, entrambi annacquati, le bevande distillate non erano comuni in Raoen. Il gestore era un grasso puttaniere che offriva sempre le due cameriere, grasse quasi quanto lui, agli ubriachi collassati sui tavoli dopo la chiusura, ci teneva a specificare che non erano le sue figlie, lui non avrebbe mai fatto prostituire le sue figlie, infatti loro erano a Tiugh da suo fratello che aveva un locale parecchio elegante ma meno rustico del suo e comunque sono trenta Coppe o quarantacinque se vuoi passare la notte nelle stanze di sopra. Due compagni di Seth avevano provato le cameriere la notte prima, probabilmente più per il desiderio di togliersi dalle tasche un conio con un nome tanto stupido che per il desiderio di fotterle.

Al piano di sopra c’erano quindici stanze, variavano da i due letti fino ai sette. Erano semplicemente scompartimenti con letti di paglia, pareti sottili quanto una foglia, se un solo ospite fotteva una delle cameriere anche gli altri, in un certo senso, la fottevano.

Quando l’uomo in tonaca nera tolse il cappuccio dalla testa i capelli argentei attirarono subito l’attenzione di Seth portando via i suoi occhi dalle travi di legno.
La descrizione del Custode parlava di un uomo basso, dai lineamenti appuntiti, capelli argentei, carnagione chiara e faccia libera da rughe, un ventenne forse, a differenza di quanto dicevano i capelli.
Seth fece scivolare sul polso la piccola lama che teneva nascosta nella manica e comincio a camminare tra il vociare assordante verso l’uomo, vicino alla tavola comune.
Quattro dei suoi stavano già facendo lo stesso movimento, ansiosi di affondare i loro ferri nella carne dell’uomo che aveva distrutto Montebiel, anche se in realtà era stata solo una tragica e improvvisa marea.
Il Custode si girò verso Seth fissandolo con i suoi occhi vitrei, Seth ricambiò.
Un ubriaco ondeggiante con due boccali per mano lo colpì con la spalla, un boccale cadde esplodendo in piccoli pezzi di vetro, anche la lama cadde per l’impatto, l’occhio di Seth andò verso il basso vedendo l’esplosione, fu lì che si accorse che il vociare era sparito anche se nessuno aveva smesso di parlare, non c’era più alcun rumore, il vetro si frantumò in silenzio e la lama si piantò al suolo senza dire nulla.

Seth tornò a guardare davanti a sé, il Custode era sparito, lentamente i colori si dilatarono, tutto stava diventando bianco nella locanda, le pareti in legno, le travi, il rozzo pavimento di terra battuta, le facce, ogni cosa.

In breve Seth era da solo in nessun luogo, tutto era bianco, tutto era indistinguibile.
Dì il mio nome. Gli ordinò la voce.

Slon