(J&B) Season finale – parte 2

Con Monicha con la akka approfondimmo molto la conoscenza nel ripostiglio dove erano conservati prodotti di pulizia, scope e stracci.
Qualche volta mi ero chiesto come sarebbe stato scoparsi una mummia, vi giuro che c’ho perso parecchio tempo, per questo mi ero interessato alla vecchia dello scaldabagno e con lei ebbi in parte una risposta ma solo con Monicha cominciai a sentire il sapore del concreto.
Maneggiando quella pelle compressa su quel mucchio di ossa sporgenti e fredde ritornai al sesso dopo parecchio tempo, un sesso corto e creepy.
Nel durante del primo rapporto mi disse con tono calmo: Vieni pure dentro che non c’è rischio, è tutto marcio là sotto.
Subito mi si figurò in mente l’immagine di Ramses II e io che lo cavalco al centro del Museo del Cairo ricoperto dai flash dei turisti.
Successe anche la seconda volta, la terza pure e dopo basta. Credo che fosse solo questione d’abitudine.

Dopo sedendo ai due lati del ripostiglio stando attenti a non toccarci con i piedi parlavamo mentre fumavamo le sigarette offerte da De Floris.
Raccontava della sua vita, della sua famiglia e del percorso che l’aveva portata nella droga. Cose che non capivo confrontando il suo mondo con il mio.
Era cresciuta in una solida casa, con una solida famiglia e un solido reddito. Il mio esatto contrario eppure la sua esistenza faceva parecchio più schifo al cazzo della mia, in confronto ero un fottuto cassiere di successo. Come minimo.
Quando finì con la sua biografia cominciò ad illustrare il suo nuovo interesse: i diritti delle donne.

Per prima partì illustrando la situazione della donna in varie zone del mondo, mi stracciava il cazzo con milioni di statistiche su stupri in un chissà quale paese inferiore. Le sapeva tutte a memoria.
Dopo cominciò parlando della terribile condizione della donna occidentale, illustrando altre statistiche tipo che un omicidio su quattro e un femminicidio (?).

Questo suo nuovo interesse è nato dall’opera di una delle volontarie del centro, si fa chiamare Alex. Cosa che già spiega in parte che tipo è, ovvero uno di quei tipi convinti delle esistenza della macchina ad acqua tenuta segreta in un segretissimo bunker della CIA perché renderla pubblica danneggerebbe il commercio del petrolio.
Vegana, ovviamente, veste solo con vestiti biologici, gira solo in bici e fa di tutto per rendere minimo il suo impatto sull’ambiente, qualsiasi cosa significhi.
La sua passione è il sociale e l’aiuto delle donne in difficoltà, per questo è arrivata qui.

L’altra tizia che lavora qui è una suora.
La sua presenza è prettamente inutile ma è giustificata dalle litigate con Salvador, infatti lui non fa altro che aizzarle contro i classici argomenti anticlericali (ricchioni, aborto, anticoncezionali e tutto il resto) e solita roba trita e noiosa giusto per farla incazzare. Urlando come ossessi per venti minuti pieni e finisce sempre con lei implorante il Signore di darle la forza per sopportare un tale impiastro. Appena se ne va Salvador si piega e scoppia a ridere chiedendoci se abbiamo visto quanto l’ha fatta incazzare oggi, perché a Salvador dei ricchioni, dell’aborto e degli anticoncezionali non fotte nulla, adora litigare con quella suora e basta.

Davvero non so chi preferire tra Alex e la suora, ci penso a volte tipo come ora mentre siamo seduti tutti fuori in giardino sotto al sole, attorno a questo tavolo bianco di plastica.
Mi capita di pensare anche ai miei nuovi amici o conoscenti, ognuno è felice qui dentro dopotutto: Salvador ha le litigate con la suora, De Floris ha le sigarette da offrire e Monicha ha la condizione della donna e le preoccupazioni che da essa derivano.
Ed anche io dopotutto sto bene qui, è stata una svolta imprevista e il futuro è incerto ma per ora mi godo il momento. Drobo, il tizio dell’est sparito, la vecchia dello scaldabagno, il mio povero portatile, le serie tv, i porno, WoW, il mio cesso d’appartamento, il vecchio ubriacone e sua figlia zoccola ora non hanno più tanta importanza.

Ora sono qui e immagino noi come in tv, l’inquadratura dall’alto ci riprende al tavolo, la camera si allontana aprendo una panoramica sul centro, parte una musica leggera con un testo semplice cantato da una voce si rassicurante ma anche un po’ triste. Il tutto come un season finale, uno di quelli dove non sai se la serie verrà rinnovata e scrivi un finale sì chiuso ma non definitivo.

Slon

(J&B) Season finale – parte 1

Ho provato diverse volte a fare un rewind ma niente di chiaro.
I ricordi cominciano dall’ospedale. Prima di quell’esperienza non sapevo che infermieri e le guardie in accoppiata sprigionassero un tale carica di umorismo.
Giuro che avrei riso anche io se il soggetto delle battute non fossi stato, appunto, io.

Il perché mi trovavo lì e il perché non vedevo un cazzo mi è stato ampiamente spiegato in diverse sedute tra me e il mio avvocato, durante il processo con rito abbreviato e diverse visite mediche.
Per farla breve: il colpo andava bene, avevamo sei sacche piene di belle cose e ci stavamo dirigendo alla breccia nella rete ma non ci arrivammo. A una delle due guardie giurate, quella obesa, venne da pisciare e sfortuna volle che noi impavidi tre transitassimo in corrispondenza del suo cono visivo.
Anni di Commandos mi hanno insegnato che i nazisti sono attratti dalle sigarette e che ad una certa distanza il cono di colore verde schiarisce fino a sparire e loro non ti vedono più, i nazisti hanno anche una vista limitata. Oltre ad avere i paraocchi. Ed essere attratti dalle sigarette.
Le guardie giurate no.
Se nella guerra Hitler avesse schierato frotte di guardie giurate ora starebbe ancora a Berlino a sorseggiare sangue di vergine dal Santo Graal.
In pratica il tizio mollò il batacchio, estrasse l’arma di ordinanza e come un novello Bruce Willis obeso e a cazzo da fuori scaricò il caricatore verso di noi. Mira di merda, solo due colpi andarono a bersaglio, uno beccò il povero Drobo al collo, addio Drobo, un altro si schiaffò in una colonna di cemento armato alla mia destra, le schegge di rimbalzo si spalmarono sulla mi faccia.
Dell’altro nessuno ha saputo più nulla, sarà tornato oltre la cortina di ferro.
E questo è tutto; sono seguiti mesi di riabilitazione per l’occhio destro, mesi di faccia a faccia con l’avvocato e tre giorni di dibattito sui media nazionali riguardo all’eccessivo uso della forza da parte del ciccione. Poi è successo qualcosa di più interessante.
Intanto il giudice mi ha spedito in un centro di disintossicazione. Valli a capire.

Appena arrivato venne un tizio, disse che era stato a casa mia per prendere la mia roba solo che aveva trovato la porta sfondata e non c’era niente. Solo stracci ed un vecchio portatile spaccato a metà. Aveva bussato dalla vicina per chiedere delucidazioni ma lei aveva risposto che non ne sapeva nulla e se mica lui si intendesse di scaldabagni.
Gentile ragazzo, lo ringraziai.
Non è facile descrivere tre mesi in poche righe.
Qui siamo in diciotto, in maggioranza tossici o presunti tali, tutti uomini eccetto una: Monicha con la akka.
Non è per niente scopabile e talmente magra che ha ormai raggiunto un livello successivo, è rinsecchita come se si stesse risucchiando in se stessa, credo che abbia un buco nero in corpo e uno di questi giorni sfaserà e risucchierà prima lei e poi tutto il mondo e l’universo. Roba da far rabbrividire la fottuta lega Dalek/Cyberman.

Per sopperire alla mancanza de cicchetti di J&B quotidiano mi son fatto tre amici, insieme si fuma e si parlicchia e dopo si fuma di nuovo. Sigarette ne abbiamo quante ne vogliamo ma qui dentro non entra nemmeno un Mon Chéri.
Il primo, Salvador, ha lunghi capelli biondo scuro ricci, gli arrivano quasi al culo, è magrissimo ma non ai livelli di Monicha, ha degli occhi scuri corredati con enormi occhiaie anche quando si spara dodici ore di sonno filate e infine si è dato da solo il suo nome per darsi un tono. Uno così può starti solo simpatico.
Abbiamo una cosa in comune, giocava a WoW faceva il DPS, Mage Fire. Di lavoro suonava il basso, nessuna roba di alto livello, il suo gruppo si esibiva in locali a tema e dopo una serie di cover dei Deep Purple smontavano tutto.
Questa è la mi idea di vita, dice Salvador, star dietro alla prima linea. Che sia un Tank o un lead vocalist.
Lui qui c’è di sua spontanea volontà, aveva provato di tutto e ormai non era lucido dal 2002. La goccia è stata quando ha fatto da padrino al figlio di suo fratello ed è svenuto durante la cerimonia in chiesa sbattendo la testa sul coso di marmo dove c’è l’acqua santa, scheggiandolo e contaminandolo col suo impuro sangue dedito al vizio. Fortuna che non aveva il bimbo imbraccio.

L’altro si fa chiamare solo per cognome: De Floris.
Lo farei anche io se avessi un cognome così bello. Avrà cinque anni in più di Salvador quindi si assesta sulla quarantina spinta. Ha un aspetto antipatico, anzi odioso. Calvo con le tempie coperte da uno scurissimo capello nero, un unico grosso e lungo sopracciglio e sempre un ghigno incazzato. Dal collo in giù è perfettamente e noiosamente normale per uno della sua età.
Fuori doveva essere un dirigente o cose simili, non ha mai dato dettagli. Comunque ora è completamente partito di cranio, è sempre accelerato sia nel parlare che nel fare qualcosa, è in grado di ciucciarsi una sigaretta in due minuti cronometrati.
Ma alla fine è un bravo cristiano, offre sempre sigarette a destra e sinistra, la frase che pronuncia di più è: “Tié, fuma!”.

Il terzo, o meglio la terza, è la Monicha con la akka di sopra.

Slon

(J&B) La Regola

Non sono tanto attaccato ai soldi.
Non fraintendetemi, li adoro e solo Dio sa quanto vorrei un credito illimitato ma il tutto è soffocato dal sapersi accontentare.
La ferraglia che rubo e vendo mi da quel poco sufficiente a mangiare e bere e fumare, pagare il mensile di WoW nei periodi di vacche grasse e al limite ma proprio al limite, vestiti nuovi.
Una regola di vita, soddisfatto in pieno nei miei bisogni.
Un pompino da una settantenne è gratuito e magari anche migliore di uno fatto da Terri dat ass Summers, scopare con una novanta chili ubriaca caricata al bar è lo stesso di scopare con una Jessica Alba ubriaca caricata al bar. La fessa quella è. L’importante è sborrare.

La Regola non è del tutto perfetta, ha delle carenze come tutto del resto.
Quando uno dei punti fermi viene meno, comincia a vacillare, si cretta e infine crolla. La settimana scorsa è morto sulle mia gambe; niente più WoW, niente più film, niente più Oz, niente più musica e soprattutto niente più porno.
La noia ti rapisce, cammini in circolo nel tuo appartamento, che diventa più piccolo, claustrofobia, crisi di nervi e per poco non vai a cercarti un lavoro.
Non puoi più accontentarti.

Frughi tra le tue finanze e loro ridono di te, ti guardi intorno per cercare qualcosa da vendere e ottieni la stessa risposta.
Unica soluzione: chiamare Drobo.

Drobo è un fratello africano.
In realtà non credo che si sia mai allontanato da qui, dove è nato. La sua famiglia deve essersi mossa quando Kelly McGillis era ancora attraente e il signor Drummond zuccherava le nostre televisioni.
Negli anni si è scelto questo soprannome per darsi quel senso di selvaggio ed esotico che non ha.
Benché siamo nello stesso campo, lui segue una via più rischiosa dei depositi di ferro vecchio: i cantieri.

Mentre guida quel residuato post sovietico di furgone non posso fare a meno di fissargli il braccio nudo per quanto è grosso.
No guardie serie, due sole che si cagano sotto al primo buh! Capito fratello ? Lì è facile, dobbiamo solo stare attenti a girare intorno a loro, altrimenti ci fottono il culo. Capito ? Poi andiamo alla porta del deposito, spacco il lucchetto e carichiamo tutto quello che possiamo: avvitatori, tassellatori, batterie e tutta merda così! C’è da tirare su tanta roba e tanti dollari. Yeh!
Si. Una sola domanda: perché parli come un coglione ?
Come coglione ? Questo è il mio modo di parlare.
Non è vero, sai parlare correttamente coniugando a meraviglia i verbi e spesso ti sento parlare in dialetto.
No no no. Stronzate.
Ok. Non è che mi aspettassi un ambiente meno gangsta dopo aver visto che indossava solo un paio di pantaloni neri larghi e un paio di anfibi. Petto nudo decorato con un collanone d’oro.
Un’altra domanda, il lucchetto con cosa vuoi romperlo ? Chiedo.
Martello e scalpello. Belli grossi.
E tipo il rumore ? Non è troppo da stronzi lasciarli nel furgone e usare un paio di grosse pinze ?
Non le ho.
Perfetto.

Il cantiere è in periferia, un complesso di villette a schiera prossime alla costruzione. Reagan sarebbe orgoglioso.

Carichiamo un altro elemento che non conosco. Telegiornalmente parlando ha un accento dell’est, pelle arsa dal sole e fuma delle nauseabonde bianche senza filtro.
Drobo mi dice che lavora in quel cantiere, sarà la nostra guida. La calce che copre tutti i suoi abiti mi dice che è non ha avuto nemmeno il buon gusto di cambiarsi.

Facciamo un pezzettino di strada a piedi.
La zone è davvero isolata, eccetto il cantiere illuminato a giorno da tre alti fari, tutt’intorno è nero assoluto.
L’amante del buon tabacco fa strada, camminiamo chinati e furtivi nell’ombra. Mi hanno affidato i cinque sacchi di tela che dovremmo riempire, tutti a me, stronzi.
Ad ogni suo cenno ci fermiamo e ci appiattiamo al suolo, lui sbircia furtivo per un po’ e fa cenno di ripartire. Lo fa apposta per coglionarci.
Passiamo a vista dell’ingresso, noto le due guardie giurate che fanno gran discorsi nella loro cabina. Giunti alla recinzione la nostra guida sposta una panca di legno e scopre un taglio a misura d’uomo.

Quando arriviamo al deposito sono sollevato, e distante dalla guardiola e i colpi del martello di Drobo forse andranno dispersi.
Tre, uno più secco dell’altro, il lucchetto collassa a terra. Dentro c’è tutta la merda elencata da Drobo, mi pagherò il mensile per un anno intero, fumerò e berrò come un dio.
Riempiamo i sacchi, ne avremmo dovuto portare di più, me ne carico uno sulle spalle, è pesante ma non fa niente. La guida prende il mio stesso peso e fa cenno di seguirlo, Drobo ha ben tre sacchi sulle spalle.

Il J&B, il mio Worgen, i torrenti che scorrono, Russian Mom And Two Lucky Bastards, Surprise Anal Causes Emotio…

Un secco rumore che non ho mai sentito, non ci vedo, non so cosa è, l’occhio sinistro fa male, il destro è annebbiato, le orecchie mi fischiano.
Lascio cadere il sacco.

Slon

(J&B) Aceto

Osservare la pioggia da dentro casa e tutto ciò che faccio quando piove.
Sono un feticista del rumore delle gocce sbattute sui vetri, sentire il lieve odore di pioggia mentre filtra tra i serramenti e udire i tuoni in lontananza o vicini che fan vibrare tutto.

Ho organizzato il pomeriggio creando una postazione a terra sul mio lato destro avendo la finestra di fronte. Portatile tenuto in vita dalla prolunga, sperando che non salti la corrente, ben piazzato per usufruire gentilmente della wi-fi spacciata dal mio eroe sconosciuto, colui che bacerei a testa in giù.
Posacenere e un quarto di bottiglia con l’etichetta Irish Whisky.

Spalle al muro, gambe distese, portatile sulle gambe, ticchettare alla finestra, dolce odore e tuoni occasionali.
Pigio il tasto e concedo spazio al macinino per organizzare il tutto, anche lui ha diritto ai suoi tempi.
Intanto bevo un sorso ma non sento l’Irlanda; sento la fragranza acida che brucia tutto il tubo, scaravento la bottiglia lontano e la stronza cadendo non si rompe nemmeno.
C’era dell’aceto da cucina lì dentro, il vecchio inquilino doveva essere un sadico figlio di puttana per metterlo in una bottiglia di whisky. Lo maledico a sufficienza e dopo un po’ me ne rammarico; è anche colpa mia che bevo le cose senza odorarle prima.

L’incidente non deve rovinare il momento, non avere nulla da bere è sì triste ma non tragico.
Accendo una mezza sigaretta conservata dalla mattina e appare il desktop. C’è ancora da aspettare ma il grosso è fatto.
Butto lo sguardo a destra e sinistra nell’appartamento come un faro, guardo il crocefisso sopra l’ingresso, lasciato sempre dal sadico, e mi vien da ridere: in anni di filosofie, correnti di pensiero, teorie, scontri religiosi nessuno si è mai soffermato sul lato comico di un falegname che muore inchiodato.

Il segnale acustico mi comunica che è pronto a lavorare.
Leggo un po’ le notizie: giocatore a caso di rugby dice, riferendosi ai gallesi, che batteranno quell’ammucchiata d’ossa (nd con la scienza). Non è per niente british una dichiarazione del genere.
C’è pure la mamma di tale associazione, denuncia la situazione del figlio porno dipendete, passa dalle dodici ore in poi su youporn. Da bravo genitore dovrebbe indirizzarlo su Youjizz, Xhamster, Redtube o siti migliori.

Ripiego su Facebook.
Da quando esiste la gente comunica con i cartelli come Wile il Coyote che sta per cadere dal burrone e “dice” oy oy questo farà male!
E’ inutile formulare frasi, c’è già scritta sul cartello che tengo in mano. Una comodità alla fine.
VADO AVANTI A MODO MIO….E SE CADO PAZIENZA MI RIALZO!!! contornato con una foto di Tom Cruise (che c’entra ?), più o meno significa: “Mi piacerebbe avere la voglia di percorre una strada incerta ma piacevole senza aver paura delle conseguenze”.
I miei amici li scelgo in base a ciò che sono…non ciò che hanno (c’è Jonny Deep):
non sono particolarmente attratto dai beni materiali ma bensì dal valore dei singoli.
Condividilo…ha fatto tanto per te (foto di Gesù, sensata qui): rido mi torna in mente la cosa di prima.
Non giudicarmi…tu vedi solo quello che io scelgo di farti vedere
(hipster che si accende una sigaretta): son furba, che ti credi ? Faccio solo finta.
E così via.
Vittime di questa evoluzione nel comunicare sono le virgole, lentamente spariranno a favore dei tre puntini molto più facili da digitare.

Scorro nei preferiti e clicco su Efukt.com; le cose peggiori succedono quando fai azioni di routine e mai immagineresti che proprio quello possa diventare un momento terribile.
Il tuono è forte vibra tutto, distratto nemmeno mi accorgo che stava già morendo, sento la ventolina che fa un lieve sibilo nel suo ultimo giro, lo schermo è nero, è morto.
Sulle mie gambe.

Slon

Conoscenze Idrauliche (J&B)

Sono le quattro del pomeriggio!
Mi rimbomba nel sogno; c’è qui Céline, mi dice belle parole, parole vere.
Ma non le sento. SONO LE QUATTRO DEL POMERIGGIO! Copre tutto, quell’urlo marziale e femminile.
Urla che l’ora ti copre, dico a Céline. Qui realizzo che sto sognando, nella realtà non parlerei certo così, nemmeno a Céline.
E forse la definita consapevolezza di star sognando e lo schiaffo che sento sulla guancia a svegliarmi. Nemmeno il tempo di salutare Céline.

Dritta in piedi, sottovuoto in una tuta da ginnastica, c’è la vecchia dell’appartamento di fronte, pelle coriacea e abbronzata, fisico magro con le tette ed un pezzo di pancetta afflosciato che puntano al suolo, braccia conserte, spuntano fuori lunghe unghie rosse di smalto, capelli grassi e biondi, tinti con una soluzione scadente ma da una mano esperta (la sua), labbra affogate nel rossetto e gli occhi, magnifici d’azzurro con un trucco nero che li risalta. Il canto del cigno della sua bellezza.

Sono le quattro del pomeriggio!
Cristo vecchia, sognavo Céline. Per la prima volta in vita mia non condividevo solo l’alcolismo con Bukoswky.
Sono le quattro…
Ho capito, cazzo.
Perché non chiudi la porta ? Potrebbe entrare qualcuno qui dentro.
Si, tipo una manica di troie ma fino ad oggi solo tu hai fatto il gesto.
Devi venire da me, problemi con lo scaldabagno, problemi urgenti.
È solo un bottone da premere, rosso, quando da problemi l’acqua o la corrente si stacca. Ieri sera qui non avevo acqua. Hai mica toccato la maglietta che era ai piedi del letto ? Mi sporgo ed ancora lì, stropicciata nella sua vergogna.
No, sei mica mio figlio che devo sistemarti la camera. Allora vieni ?
È un bottone, premi e riparte.
Mi fa paura quel coso, fa dei strani rumori come se ci fosse qualcuno dentro.
Cara, oggi il nemico non si nasconde più nei scaldabagni. Sbuffo. Ok ok, ma sai già cosa fare dopo.

Metto una maglia (no, non quella) e la seguo scalzo. Mi piace mantenere il contatto con il suolo dove cammino.
Il suo appartamento è una disfatta per me, prima di tutto ha una mobilia, è pulito ed ha una parvenza di normalità. Se non fosse per quell’odore di vecchia andrebbe anche bene.
Arriviamo in bagno ed è bianco, lucido. Solo lo scaldabagno e arrugginito e con aloni gialli sul bianco. Dietro la sua circonferenza si nascondono grosse macchie di muffa.
Premo il bottone, fa dei strani rumori come se ci fosse davvero un nano che sta affogando là dentro, quasi mi giro per guardare la vecchia con uno sguardo preoccupato che sa di scusami per non averti creduto.

Quando ci metterà l’acqua calda ad arrivare ?
Mezz’ora.
Mi giro, rilassato mi appoggio al muro, lei prende un fazzoletto di seta dalla tasca e pulisce il rossetto mentre io sfilo la cintura ed abbasso pantaloni e mutande.
Quando sento l’umida accoglienza della sue labbra sulla cappella chiudo gli occhi e immagino un’altra bocca.

Mentre lei starà facendo un bagno con l’acqua calda mi trovo al bar al cospetto del primo J&B del giorno.
Mi portano via dalla distrazione i due colpi sulle spalle e la voce remissiva e gentile.
Hai parlato con mio padre ?
Si, è proprio lei. Short di jeans, maglietta attillata rosa, capelli biondi raccolti a cipolla nessun trucco. Non è male nemmeno così.
Daisy, sei proprio tu ?
Chi è Daisy ?
Scusa, ti avevo scambiata per una mia storia d’infanzia. Porto ancora i calli sulla mano destra in ricordo di lei.
Volevo ringraziarti, hai parlato bene con mio padre. Ieri ha detto delle belle cose su di me, cose che gli hai detto tu. Tipo che dovrei sposare un dottore.
Eh, si più o meno.
Certo è tornato ubriaco come al solito ma almeno non è stata la solita esplosione.
Bene, sono felice per te. Come procede la ricerca di un medico allora ?
Ride come una sguaiata e le vedo bene i denti stavolta, gialli e sporgenti all’infuori.
Vedremo come finirà, forse non manca poco.
Sono sicuro di si, ti consiglio un pronto soccorso li ne troverai a pacchi.
E tu dove abiti, stai con qualcuno ?
Mi piacerebbe che per stanotte il mio sperma trovasse un contenitore naturale dove andare a morire e non un tessuto artificiale ma per oggi ho già dato. In più qualcosa di non giusto e mostruoso c’è in lei. Quindi passo.
Mi troverai sempre qui, dalle quattro del pomeriggio in poi.
Bene, passerò a salutarti, sempre se non trovo prima un dottore. Risata sguaiata, la odio già.

Se ne va da lì a poco. Mi sentirei a disagio nel fare sesso con chi ha gravi carenze di Q.I., la vedo come una specie di pedofilia.

Quando salgo le scale di casa l’alito fatto di J&B mi raschia la gola, da sotto la porta della vecchia sfila un filo di luce. Appoggio la testa su quello spesso legno bianco e ruvido.
Altro soffio nei polmoni, la ragione prevale e vado dentro casa.

Slon

J&B

Vedi, so cosa dice la gente di mia figlia ma secondo me sbagliano. Sua madre non era così e lei ha solo avuto la sfortuna di perderla e frequentare brutta gente per questo.

La solita storia del vecchio con la figlia zoccola. Sta sempre qui fino a tarda sera e a turno, quando la bevanda fa effetto, attacca un’arringa difensiva sulla figlia a discapito di un povero cristo che vuole solo bere.
Stasera ha scelto me.
Roteo il bicchiere di J&B come fanno i sommelier, quasi se come questo mio gesto possa darmi la forza di voltarmi a destra per guardarlo e rispondergli. Roteo il collo e proprio allora lo stronzo fa uno sbuffo, oh soave odore di alcol mischiato a fumo e denti marci.

Porco cazzo vecchio! Dovresti riguardare la tue abitudini di igiene orale.
Riapro gli occhi chiusi per il buon aroma del suo alito e lo vedo lì in tutta la sua miseria. Le descrizioni non sono il mio forte quindi facciamo che vi immaginate il vostro stereotipo di scheletrico vecchio ubriacone e siamo a posto.

Tu la conosci mia figlia ?
Non così a fondo ma credimi vorrei condividere il privilegio che hanno avuto in tanti.
È una brava ragazza, andava a scuola.
Delle basi inattaccabili.
Non è vero quello che dicono.
Che dicono ?
Non lo sai ?
No.
Dicono che è una puttana! Il suo tono sembra quello dello sceriffo ligio al dovere che dice ai fuorilegge di andarsene perché la sua città non è in vendita. La cosa mi fa ridere, lui tra il bagliore dell’anice lo nota.
Perché ridi ?
Ti arrabbi per poco. Tua figlia non è una puttana, è semplicemente stupida. Sarebbe capace di farsi scopare da un barbone con la scabbia se questi gli dicesse che è un medico e deve rimuovergli con il cazzo il tumore che sta crescendo nella sua vagina.
Perde lo sguardo alle mie spalle, poi accenna un sorriso. La spiegazione deve essergli piaciuta. Se è stupida non può essere zoccola e lui preferisce la prima alla seconda.

Mi alzo lascio gli spicci per il JB e un altro anice per il vecchio, un cenno di testa e il barista fa sisi con la testa. Il vecchio capisce un cazzo invece, me ne vado e nemmeno se ne accorge.

Non abito lontano e dopo quarantasette passi sono all’entrata del palazzo. Dietro al portone c’è una piccola stufa in ghisa che ho sgraffignato da un ferro vecchio perché l’inverno sta arrivando, dovrei salirla su ma pesa.
Ho pregato Gesù per avere +5 in forza e +3 in destrezza ma niente.
Le scale puzzano di polvere settecentesca, siamo rimasti in pochi qui dentro. Quelli che amano la luce elettrica e l’acqua corrente sono andati via da un pezzo.

Vado subito vicino al letto, lo sposto, alzo la piastrella e tiro fuori il portatile: sì, ci entra un portatile là sotto.
Faccio un rapido giro porno, parlare della zoccola mi ha messo stizza.
Becco una roba decente, finto amatoriale con una zia russa che si fotte il nipotino russo che ha già un bell’affare depilato. Skippo direttamente sul finale, la tiene a pecore e va giù di sodomia, ormai è partito e finché non arriva a Berlino non si ferma.
Alla fine ci arriva e parcheggia sul culo della zia.

La mia mano e appiccicosa, vado in bagno ma oltre i latrati dal lavandino non esce niente.
Congiungo le mani e prego Gesù affinché mi dia +45 in conoscenza idraulica.
Ma niente ancora, non faccio altro che duplicare il mio problema.

Slon