Come uno specchio nervoso

“Una volta pensavo che gli uccellini cantassero perchè tutto va bene nel mondo. Ora invece so. Cantano perchè sono stupidi.”

Le parole uscivano in maniera strana dalla vecchia bocca, come se una volta arrivate alla soglia delle labbra rallentassero spaventate, per uscirne poi sospettose e sofferenti, stridule e sussurrate.
Al ragazzo sembrava di aver già sentito o letto da qualche parte una frase simile, ma non ricordava dove, e lasciò perdere. Guardò meglio il vecchio, che ora taceva fissando l’oceano inquieto.
Era un anziano signore sulla sessantina, di aspetto vagamente simpatico. Radi capelli bianchi pettinati all’indietro, un paio di occhiali con le lenti circolari e una barbetta bianca ben curata che gli ricopriva mento e guance. Camicia a mezze maniche e pantaloncini, sempre bianchi. Nel complesso sembrava un turista anzianotto dall’aria ingenua e bonacciona. L’unica cosa che stonava in lui era quella sua stranissima voce, simile a quella di un bambino giapponese con un proiettile in gola.
Il ragazzo l’aveva trovato su una panchina, mentre vagava sul lungomare pensieroso e senza una meta. Qualcosa, o forse proprio l’assenza di qualcosa, lo aveva spinto a sedersi accanto a lui.
Mentre pensava a qualche banalità da dire, forse a presentarsi, il vecchio aveva parlato per primo, stupendolo con quella sua strascicante parlata.
Che ora, di nuovo, si insinuava in lui grattando sulle pareti del suo udito, facendolo sottilmente rabbrividire.

Parli inglese, suppongo.

“A volte. “

Turista? Di dove?

“Diciamo che sono di passaggio. Vengo da lontano.”

Oooh..anch’io.

“Dicono che questo sia il punto più a est di tutto il continente. Non so perchè, ma mi aspettavo un orizzonte diverso.”

Non trovi che l’oceano sia affascinante?

“No. E’ solo acqua arrabbiata e stanca.”

Parlami della giovinezza, allora. La mia l’ho dimenticata.

“Oh, andiamo. Non puoi essere così vecchio.”

Nessuna risposta. Il ragazzo si accese una sigaretta. Si sentiva teso ma stranamente a suo agio, libero da ogni senso di controllo o diffidenza.

“La giovinezza..mah. Ti posso parlare della mia, ma non è stata poi granchè. Delle altre non so molto. Non credo di poterti intrattenere.”

Mi piacciono le storie tristi.

“E chi ti dice che è stata triste? Non lo è stata.”

La sofferenza. E’ nei tuoi occhi. E’ bellissima.

“…Cazzate.”

Di nuovo, nessuna risposta. Il ragazzò si concentrò sull’oceano agitato davanti a lui, che sembrava curiosamente adattarsi al suo stato d’animo, come uno specchio nervoso. Onde come pensieri, violenti e costanti, che si infrangono senza distruggere sulla sabbia fine della ragione, lasciando rimasugli di malinconia biancastra e viscosa.

Parlami delle emozioni, ragazzetto. Parlami dell’essere vivo.

“…C’è un piccolo fiore in mezzo a un campo. E’ un po’ isolato dagli altri, ma non gli interessa. Sta lì e si gode il sole, non si fa domande, come un fiore dovrebbe fare. Poi arriva qualcuno, e lo trova bello. Si china su di lui e lo annusa. Inizia a strappargli dei petali, interi pezzi di personalità che si accasciano planando al suolo. E poi lo lascia lì, distratto dal resto del paesaggio.
Sei a letto con una donna, sotto due strati di coperte, il calore pulsante ti avvolge, la penombra bluastra ti rilassa. Fuori piove, e la sinfonia disordinata delle gocce sulle cose ti culla, va a braccetto con la mano di lei che ti esplora lentamente la pelle, con i suoi occhi velati d’ombra che ti guardano attraverso. Tu guardi lei e ti senti riconoscente, e ti dispiace un sacco per non riuscire ad amarla, ma in fondo va bene così, state troppo bene per pensare.
E’ come guidare piano di notte sotto una tempesta, sei calmo, ascolti Ella Fitzgerald, e scruti la notte attraverso vetri e acqua, ed è così..bella. La notte è stupenda, sai?
E’ portare il tuo cane al fiume, e guardarlo per ore annusare strisciare saltare e rotolare nella natura, commuoverti per come alza le orecchie in risposto a qualche stimolo che tu non puoi nemmeno immaginare.
E’ leggere un libro, solo tu lui e il vento, e accorgerti improvvisamente che stai tremando da dieci minuti buoni, da quanto quelle piccole parole ti stanno scuotendo.
E’ come notare tracce di grigio alla periferia degli occhi di chi ami, e capire come la realtà non è una sola, come cambia in base alle carte che butti giù.
E’ maledire la tua personalità perchè ti tiene distante dal mondo, è ringraziarla in lacrime perchè senza lei non saresti nulla.
E’..”

Taci.

Silenzio. Il vecchio teneva gli occhi chiusi.

“Te l’avevo detto che ti avrei annoiato.”

Al contrario. Ho bevuto tutto quello che c’era. Oltre le parole, il linguaggio. Ho bevuto ogni frequenza della tua voce, ogni minuscolo nervoso movimento dei tuoi muscoli. Delizioso. Ma ora sono sazio. Da ubriaco tendo a diventare..maleducato. Sgradevole.

“Aha. Contento te. Brindiamo, allora. Alle emozioni.”

Mettiamo che la provvidenza perda per caso una chiave dal suo mazzo, e che tu possa trovarla. Mettiamo che tu possa esprimere un desiderio. Cosa…sceglieresti?

“Non lo so. Sceglierei di stare con una persona.”

Desideri che questa persona stia sempre con te? Qualsiasi cosa succeda? Per l’eternità?

“Eternità? Andiamo. Non so di che parli. Vorrei starci come si sta con una persona, per il tempo che ci è dato. In modo naturale.”

La natura non c’entra molto con l’esaudire desideri, ragazzetto.

“Hai ragione. Allora non voglio niente. Ti ringrazio. Sono a posto.”

La provvidenza potrebbe offendersi.

“La provvidenza può fottersi. Gli restituisco la chiave che ha perso. Sono sicuro che saprà usarla meglio di me.”

Forse lo farà.

Delle note, distanti. Una vecchia canzone proveniva da un bar lì vicino. Il ragazzo sentì il bisogno improvviso e immotivato di andarsene.

“E’ meglio che vada. E’ stato un piacere.” Offrì titubante la mano al vecchio, che la strinse con bramosia.

Il ragazzo spense la sigaretta al suolo e si alzò troppo velocemente, barcollando un po’ in avanti, poi si diresse spedito verso il paese, senza più pensare.

Se si fosse voltato in quel momento, avrebbe notato che il vecchio lo seguiva con lo sguardo, e che si leccava languidamente il palmo della mano. Qualcosa di scuro, forse un’ombra, si spostava velocemente sulla sua faccia.

Nessun uccellino cantava.

Kiree

6 thoughts on “Come uno specchio nervoso

  1. non è troppo lungo, a me è piaciuto un sacco
    e visto che ci metto sempre un sacco a capire le cose, mi dispiace che l’ultimissimo pezzo sia così fugace
    ma riconosco di non essere un buon lettore sveglio

  2. Lo pensò (o lo disse al cane) Will Smith in IO SONO LEGGENDA tratto dal romanzo di Richard Matheson ….. ma con me non vale perchè credo già di averla la tua simpatia

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