Estremo Saluto (ldcds ospita)

“Ben sei persone” scandì Uriel. “Prete e becchino inclusi. Dovevi essere amatissimo da vivo.”.

Sergej fissò l’angelo senza rispondere. Il suo profilo severo e squadrato mal si sposava con il sarcasmo. Il sole volgeva sanguinando ad ovest, basso all’orizzonte. I convenuti alla sepoltura si coprivano gli occhi, infastiditi dal riverbero. Uriel e Sergej non ne avevano bisogno.

Il prete armeggiava con una copia sgualcita della bibbia, pronunciando parole ormai consunte da decine di cerimonie una uguale all’altra. “A Dio piacendo” pensava, “tra due ore c’è la partita”

“Vorrei una sigaretta” disse Sergej sovrappensiero. Uriel lo guardò severamente.

“Sei morto, non…”

“Aaah, taci una buona volta!”

Uriel tacque. Non avrebbe dovuto sopportare a lungo quell’anima sgradevole. Aveva ottenuto la possibilità di presenziare al suo estremo saluto sotto sorveglianza, poi sarebbe finito dove meritava. Uriel non aveva dubbi sulla destinazione finale, e si concesse un mezzo sorriso.

A due passi dalla fossa, ritta come cartello di STOP, stava una donna avvolta in un tailleur fuxia. Aveva scarpe a tacco alto, cintura, occhiali e borsa bianchi. Tamburellava le dita su un vistoso orologio da polso pieno di cristalli. I capelli platinati scintillavano alla luce del crepuscolo, mentre li ravvivava con fare seccato.

“La mia Lucy.” mormorò Sergej, fissandola con prepotenza. Si massaggiava il polso senza sentire nulla: un vecchio tic che la morte non gli aveva portato via.

“E’sempre bellissima” disse a bassa voce alla fine, abbandonando le braccia lungo i fianchi.

Uriel si girò di nuovo a fissarlo.

“Ma come puoi!” sbottò.

Sergej alzò la mano per zittirlo, e lui tornò a tacere, immobile, mentre una brezza tiepida lo attraversava.

A mezzo metro da Lucy, troneggiava un uomo. Era alto, poderoso, brizzolato. Da dietro non si vedeva, ma somigliava a Sergej in maniera impressionante. Suo fratello Danj sembrava un pilastro di un qualche viadotto o la solida torre di un sinistro maniero. Aveva quattro anni più di Sergej, ed era sempre stato un faro per lui.

Sergej si portò le mani al volto, come se avesse voluto piangere, invece si massaggiò gli zigomi. Lucy allungò una mano verso Danj, e gli accarezzò il braccio, facendovi scorrere con delicatezza anche le unghie. Lui si girò, e le fece l’occhiolino. Il prete vide tutto, ma continuò a blaterare sciocchezze pensando alla nuova ala destra che avrebbe esordito quella sera. Chissà se avrebbe anche segnato.

Sergej sorrise a quel gesto.

Uriel si voltò di scatto verso di lui. L’aria dell’angelo non era più algida: sembrava furibondo mentre puntava l’indice verso i due.

“Come puoi ridere!” sibilò “Sei stato tradito. Da tua moglie e da tuo fratello!”

Sergej mantenne il suo sorriso triste e non rispose. Uriel parve ringhiare, o forse era solo il vento.

Il becchino scese un attimo dal piccolo e silenzioso bobcat con cui aveva smosso il terreno. Accese una sigaretta e armeggiò sotto la bara ed il carrello che la sosteneva per agganciare il cordame con cui l’avrebbe sollevata. Poi chiuse il moschettone dall’altro capo sul gancio che spuntava sulla piccola benna.

Durante quelle operazioni, dietro Lucy e Danj, un uomo calvo sulla trentina e una donna anziana, confabulavano ad alta voce. Gesticolavano convulsamente. L’uomo si passo il pollice della mano destra lungo il collo ed indicò il feretro. Ridacchiarono, mentre il prete mormorava quello che poteva essere un salmo, oppure la formazione tipo della sua squadra. Erano il fratello e la madre di Lucy. Sergej inclinò la testa e osservò il siparietto, divertito.

“Adesso vivono con lei, lo sai vero?” disse Uriel gelido. “Nella vostra… anzi, nella tua casa. Tuo fratello dorme nel tuo letto, con la tua donna. Si sono presi la tua vita.”

Sergej finalmente degnò l’angelo della sua attenzione. Si girò lentamente, senza perdere la sua espressione triste, ma sorridente.

“E quindi?” chiese con tono neutro.

L’angelo stavolta ringhiò sul serio, e sembrò crescere, farsi maestoso. Il becchino tornò sul bobcat e con esasperante lentezza, sollevò la bara, lasciandola sospesa a mezz’aria sulla fossa. Saltò giù e accese un’altra sigaretta, lasciando al prete le ultime pastoie eccleasiastiche ed ai convenuti la possibilità di stringersi per l’ultima volta attorno al defunto. Girò l’angolo di una piccola tomba di famiglia e si dedicò al suo cellulare.

“E quindi? Eri un mercenario, dannazione!” si scompose Uriel. “Ti sei fatto tradire ed ammazzare dai tuoi cari. Ora scopro che lo sapevi! Perchè non hai reagito? Non hai fatto nulla?”

“Perchè io stavo morendo.” disse placido Sergej all’angelo sconvolto. “Cancro al pancreas, incurabile. Senza saperlo, me l’hanno resa più veloce e indolore” concluse allargando il sorriso in un ghigno.

“La morte non basta a sopportare il tradimento di tutte le persone che ami!”

“Oh no, non tutte.” disse approfondendo il ghigno.

Poi la bara esplose. Le schegge, l’aria infuocata e i pezzi di cadavere schizzarono ovunque. I convenuti volarono via come fantocci, ricadendo senza vita.

Lucy sembrò rialzarsi. Si trascinò per qualche metro verso la fossa, poi cadde morta. Il suo vestito fuxia, era completamente rovinato.

Uriel lo fissò sbalordito, senza parole.

Il becchino emerse da dietro la tomba dove si era riparato, baciò qualcosa nella sua mano, e la rivolse al cielo assieme ad uno sguardo. Poi si incamminò all’uscita fischiettando.

“Non tutti mi hanno tradito. E ora mi puoi portare al mio seminterrato, ragazzo” disse Sergej, avviandosi verso un cono d’ombra che sorgeva minaccioso dal suolo.

Maicol

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