Un Incontro (II)

 

 Praga, 30 novembre 2022

Sono appena al mio terzo whisky, e le mani mi tremano già che è una meraviglia. Rovescio quasi mezzo bicchiere sul bancone, bestemmio e scolo d’un fiato il resto, prima di combinare altri guai. Resisto alla tentazione di ordinarne subito un altro; stringo i denti e mi costringo ad aspettare almeno dieci minuti. Mentre le dita fanno spola dalle gocce sul bancone alla mia lingua, gli occhi stanchi mi cadono sul grande schermo acceso in fondo al locale.

Danno un retegiornale. Non c’è volume, non serve. Seguo una serie di servizi cronometrati, 50 secondi l’uno. Il vento tossico in medio oriente. Le piattaforme di contenimento nel pacifico. Stronzate politiche con la Cina, forse un embargo. Strage e saccheggi in vaticano. Colpo di stato a Cape town. Pubblicità.

Ordino il mio quarto whisky.

Nemmeno me ne accorgo, quando lui mi si siede di fianco. O forse me ne accorgo, ma non me ne frega nulla. Pronuncia il mio nome con tono interrogativo. Dopo circa un minuto di silenzio ci riprova, e stavolta aggiunge “lo scrittore?” alla fine.

Devo ammettere che è una domanda piuttosto interessante, soprattutto qui, soprattutto ora. E’ quasi un peccato che abbia già altri bellissimi piani per la serata. Non rispondo, fra un po’ si stancherà e

“Karim Mureau, nato ad Annaba il 17 maggio 1989. Famiglia normale ma assente, anche a causa della tua natura fredda e schiva fin da piccolo. Cresci in periferia con pochi amici, senza imparare granchè della vita. A 16 anni ti trasferisci in Inghilterra con i genitori…”

Le mie dita stringono il bicchiere fino a sbiancarsi, e qualcosa di biologicamente vicino al panico puro mi impedisce di voltarmi. Non tanto per quello che sta dicendo. E’ la sua voce. Ha cambiato voce. Ora è sottile, strascicante, incolore, gorgogliante. E’ come sentire parlare una palude. E’ come

“..ma una volta lì le cose non migliorano. Primi sintomi di narcolessia e allucinazioni ipnagogiche, ma nessuno prende la cosa sul serio. A 19 anni hai un attacco e ti addormenti mentre stai viaggiando da passeggero sulla moto di un amico. Cadi e vieni investito da un furgone. Resti in coma tre settimane. Dal tuo risveglio, la tua mente va in caduta libera. Università di Manchester, ti laurei a stento in filosofia…”

Sento dolore, mi accorgo che mi sto mordendo il labbro. Devo fare qualcosa, reagire, questa voce fa male, MORDE, ti scivola dentro è come masticare sabbia è

“..gli attacchi peggiorano con il tempo, non esci più di casa per paura. I pochi amici che hai ti abbandonano. Nei momenti di lucidità scrivi. Per pura fortuna più che per reale talento vinci un piccolo concorso letterario e pubblichi un libro mediocre con storielle sulle tue allucinazioni. Che peggiorano. Diventi un ometto patetico e paranoico che prende aerei a caso nel cuore della notte per sfuggire a ombre viste sui muri. Affitti monolocali in città che non conosci e passi intere nottate nei bar senza muoverti, sempre nella stessa sedia. Il mondo muore intorno a te e l’unica cosa che riesci a pensare è che sia tutto così norm…”

“SILENZIO!”

La mano scatta da sola, senza chiedere la mia opinione. Batte sul bancone mandando in mille pezzi il bicchiere. Mi volto. E’ un uomo. Non fa paura. E’ vestito bene, completo marrone e lungo soprabito nero. Ha un vecchio cappello e dei piccoli occhiali da sole. E’ ben rasato. Molto pallido. Quasi bianco. C’è una macchia nera sulla sua guancia destra. Sembra quasi che si muova leggermente, che galleggi sopra la pelle. In effetti fa paura. Sono ubriaco. E’ a piedi nudi, anche se mi accorgerò solo più tardi di questo. C’è qualcos’altro che galleggia, dietro le lenti dei suoi occhiali. Fa scivolare il suo bicchiere verso di me. Whisky, naturalmente. Sorride. Gesticola, indica il liquore, mima una sorsata. Quando comincio a piangere, piega esageratamente le labba all’ingiù. Mi mette la mano sulla spalla.

“Silenzio”, sussurra.

Le sue dita sono roventi, sento il calore attraverso i vestiti. Non so perchè ma ho la certezza che se provassi a fare resistenza, semplicemente mi strapperebbe via il braccio.

Non faccio resistenza.

“C’è qualcosa che devi vedere. Andiamo a fare un giro in macchina.”

 Kiree

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