Io non sono qui

(Caleidoscopio)

La vecchia fiat scivola silenziosa sull’asfalto bagnato, nuota spedita immersa nel buio, riemergendo ciclicamente a prendere aria nelle pozze di luce dei pochi lampioni sparsi.

Un finestrino è leggermente abbassato, gli odori abbracciati della pioggia e della periferia entrano timidi, accoccolandosi quasi con soggezione vicino a quelli già presenti di sigarette, noia e stronzate.

Nello stretto abitacolo ci sono quattro divinità minori, quattro rappresentazioni afflosciate di convenzioni astratte, completamente concentrate nei loro ruoli.

“Ascoltatemi! Ascoltatemi, e amatemi” dice la Paura.
“Stiamo perdendo tempo. Dovremmo vivere più intensamente” dice l’Entropia.
“Non capisco più nulla” dice l’Emotività.
“Basta che guidi” dice la Forza.

Sì, ma verso dove? Verso cosa ci spingiamo, quando siamo convinti di non andare da nessuna parte?

Gli odori si sfaldano, non riesco più a mettere a fuoco i visi. Cosa succede?
Ah, ora capisco. E’ solo un vecchio ricordo. Non sono realmente qui.

Una piccola pista di atterraggio, di notte. Un piccolo aereo con i motori accesi, in procinto di partire.
Una testa si appoggia dolcemente nell’incavo di un collo, come una Martin committee si appoggerebbe su un contrabbasso caldo e lento. Ballano assieme per il tempo di un assolo, poi la tromba tace.
Il tuo odore mi entra dentro con disinvoltura, mi annulla come fosse oppio.
(Dove vai?)
(Non essere triste)

E poi non c’è più l’aereo, non c’è più il cielo, non c’è più jazz, c’è un soffitto troppo basso, talmente basso che potrei baciarlo.
Non riesco a dormire. Sento il sangue che pompa. Il cuore mi batte così forte da farmi paura, un treno folle che raggiunge la sua velocità massima e poi la supera, deragliando dai suoi binari e precipitando in un canyon.
Non c’è più aria, non capisco dove sia finita. Le mani scattano da sole, scalciano il buio, tentano di afferrare qualcosa che non esiste, il caldo e il freddo si tolgono le loro maschere e non si fanno più riconoscere mentre mi baciano, brividi vestiti da bambini mi tirano le pieghe della pelle, urlano gioca con noi! E’ la festa del Rimpianto! Gioca con noi, inutile stronzo!
Le ombre sui muri mi fissano, mi compatiscono, esalano il fumo dei loro sigari e scuotono la testa.
Ho una paura fottuta. Tutto è ostile, il mio corpo per primo. Non ho nemmeno la scusa di aver preso un trip andato a male. L’esperienza mi guarda e alza le spalle. Le lacrime escono copiose ma discrete, me ne accorgo solo quando le sento infrangersi sugli avambracci.
Ho paura di MORIRE, cristo. E’ questo il rumore della morte? Ma và?
Non so perchè, ma me l’ero sempre immaginata con dei violini in sottofondo. Invece sento solo il rimbombo del mio cuore e l’eco distorto del mio respiro.
Cosa cazzo mi succede? Perchè mi sento così?
Dove sono? Non capisco. E’ un altro ricordo. Non sto morendo. Non sono realmente qui.

Sono disteso nell’erba. E’ domenica pomeriggio e c’è un sole fotonico che fa lo splendido, circondato da una platea di cento cieli limpidissimi che applaudono. Un cane mi annusa la faccia, sento la sua lingua ninja guizzarmi sulla guancia, mi ritiro d’istinto ma sorrido, è gradevole. Poi il cane si tuffa un po’ più in là, a rotolare, ad annusare, a fare tutte le sue bellissime stronzate da cane.
C’è qualcuno, dietro di me. Sta cantando, una vecchia canzone di Mina, forse.
Non so il titolo, non riconosco le parole. Ma nella voce percepisco una leggerezza e una gioia che mi lasciano senza fiato. E’ la tonalità di un angelo che canta il suo amore verso dio. E’ il crescendo di un bambino che canta la sigla del suo cartone preferito.
E’ la voce bellissima di qualcuno che ama la vita più di ogni altra cosa, senza chiedersi nulla.
Poi smette, dolcemente, non di colpo, sento le ultime note spegnersi piano dentro di me.
Vorrei dirle di continuare.
Vorrei voltarmi per vedere che viso ha un’anima così intensa. Non ci riesco.
Perchè no? E’ un altro ricordo? Sono qui o no?

No.
Sono nella mia stanza, seduto in un angolo in penombra.
La pilot V5 nera rotola nervosa sul foglio del bloc notes, la sigaretta è quasi spenta nella lattina di birra tagliata a metà che mi fa da posacenere. Sono esausto ma calmo.
Sono curioso di vedere che succede ora. Sono Qui. Ci sono un sacco di nuovi e buoni odori.

So dove sto andando.
Il cuore è veloce ma non vuole più uscirmi dal naso.
E quella voce mi canta sempre dentro ora, e non smette mai.

E’ quasi l’alba. Mi resta qualche ora prima di giocare a nascondino con il mondo.
E’ abbastanza.

Per dormire diecimila anni.
Per sognare diecimila vite.

Chissà se al mio risveglio ti troverò distesa affianco a me.

(Accompagnamento: Faunts – meno mony falls| Subheim – dusk)

Kiree

2 thoughts on “Io non sono qui

  1. Ragazzo hai una capacità di scrivere le cose che è semplicemente straordinaria, riesci a coinvolgere ed appassionare chi legge e gli fai quasi togliere il fiato.
    Hai un tuo stile, quando ho comnciato a leggere non avevo visto la firma però ti ho riconosciuto …. se riuscirai a sopravvivere a te stesso farai strada.

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