Requiem? (Il Lento Risveglio della Memoria)

“Tradurre è tradire.”

Non so da quanto stessi scendendo, ma doveva essere parecchio.
Anche in condizioni normali, le scale che portavano giù alle Fornaci si inabissavano nella terra per svariate centinaia di metri; scenderle tutte, piano piano per via dell’illuminazione fioca e dei gradini sottili e scivolosi, richiedeva il suo bel tempo.
Nel mio caso, quel tempo andava almeno triplicato. Stavo trasportando, con molta attenzione e fatica, una vecchia sedia a ruote, in cui languiva una specie di mummia. Non quelle appartenenti a quell’antico popolo di cui avevamo sentito storie da viaggiatori di altri mondi: era semplicemente un corpo adulto, immobile, completamente fasciato da sottili rotoli di seta bianca.
Il suo peso, unito a quello della sedia viaggiante, non era indifferente: dovevo far scivolare le grosse ruote con sfiancante attenzione, gradino dopo gradino. Quando mi fermai in uno dei pianerottoli a prendere fiato, mi resi conto di essere veramente esausto: abbandonai per un attimo il mio carico e mi sedetti su uno degli stretti gradini a riposare e riflettere. Fu allora che lo vidi, accucciato in un angolo, nascosto nella penombra.

“Giornata faticosa?”

Era un uomo dall’età indefinibile, vestito di stracci e di un semidistrutto cappello a tesa larga, che gli oscurava tutta quella parte di viso non ancora reclamata dalle ombre. In grembo teneva un’antica guitarra di legno, le cui corde argentate uscivano disordinate dalla cassa per finire intrecciate alle dita e polsi dell’uomo. Un Artista, qui? Mi ero aspettato di trovare qualcuno durante la discesa, ma perlopiù i soliti vagabondi e derelitti disperati che ciondolavano da queste parti: questo incontro mi sorprendeva.

“Quanto ogni altra”, risposi. “Non ti avevo visto.”

“In pochi mi vedono. Per questo me ne sto qui.”

“Stai Creando? Qui sotto?”

“Sto riposando. Come saprai la Creazione richiede sofferenza, e ora come ora me ne resta poca.”

Fece un cenno quasi impercettibile con la testa, rivolto alla sedia viaggiante e al suo taciturno passeggero.

“Tu, invece, mi sembri ben messo.”

“No, non è come sembra. Non appartengo alla tua stirpe. Cerco solo di sbarazzarmi di qualcosa che mi è capitato per caso, e che mi sta dando solo problemi.”

“Oh, sera. Fammi capire. Tu hai tradotto i canti, e li hai incarnati in quel..quella cosa. E dato che non riesci a farci nulla, l’idea migliore che ti è venuta è sbarazzartene portandola a bruciare alle Fornaci? Tutto ciò è bizzarro. E stupido, lasciatelo dire.”

“Ti ripeto che non è così. Io non…”

Mi fermai di colpo, stupito. Aveva perfettamente, razionalmente, semplicemente ragione. Mentire è faticoso. Io ero stanco.

“Sia.”

“Perchè le bende?”

“E’ una vecchia storia che ho sentito una volta e che mi ha affascinato. Dovevo comunque coprirlo in qualche modo. Sotto è..non è bello.”

“Anche se è brutto come dici, dovrebbe comunque poter respirare, non credi?”

Alzò leggermente la testa, riuscii a scorgere un mento sottile, una barbetta ispida.

“Allora, hai scelto?”

“Scelto cosa?”

“Se continuare o risalire.”

Chiusi gli occhi. Da qualche parte, distanti, delle voci plananti cantavano sommesse.


K

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