L’Intersecatrice (I)

Saranno tre mesi che conosco Laura. Tre mesi e sei giorni, a voler essere puntigliosi…ma neanche tanto, dato che è facile ricordare il nostro incontro. Ci siamo conosciuti ad una fiera del libro usato, che si teneva nella piazza principale di un paesino qua vicino. Ci andai in una stanca domenica pomeriggio, e me la trovai davanti, dall’altro lato di una bancarella d’esposizione.

Tra le mani sottili, a mezz’aria, teneva una vecchia edizione economica di La vita nuda, di Pirandello. Leggeva intensamente, gli occhioni spalancati, le labbra che mimavano il testo, i capelli castani che avrebbero dovuto essere raccolti e invece spuntavano e schizzavano fuori da tutte le parti. Devo averla fissata rapito per qualche minuto, senza nemmeno rendermene conto, prima che lei si accorgesse di me e mi regalasse uno dei sorrisi più belli che io ricordi. Decisi che me la sarei portata a letto la sera stessa, e attaccai bottone.

La sera stessa uscimmo a mangiare una pizza insieme, e non me la portai a letto. Alle tre del mattino, stavamo ancora distesi nell’erba, a contemplare l’eternità e a raccontarci i nostri sogni più intimi, belli caldi sotto le coperte di una rara empatia.
Prima dell’alba, mi ero innamorato di lei.

Non so quando iniziarono i fenomeni. Immagino da subito, anche se forse erano troppo deboli, e io troppo distratto, perchè potessi accorgermene. Il primo segno importante fu una notte nel mio appartamento, circa due settimane dopo. Avevamo fatto l’amore da poco, e io ero andato a darmi una rinfrescata in bagno, e poi in cucina a bere un po’ d’acqua. Tornando indietro, passando affianco alla porta del bagno rimasta aperta, scorsi al suo interno una figura nera e fumosa, per quello che doveva essere stato un mezzo secondo.
Mi bloccai di colpo, istantaneamente confuso e teso, e tornai indietro di un passo per guardare meglio. Nulla, ovviamente: solo il mio bagno in penombra, esattamente quello che il copione del creato prevedeva per i miei sensi in quel momento. Accesi la luce e ripensai a quello che avevo visto, ma era stato davvero troppo veloce per scorgere dei dettagli. Il mio cervello aveva immagazzinato solamente il fotogramma di una macchia scura e informe, di fattezze umane, in piedi immobile davanti allo specchio, e con forse un accenno di bianco senza lineamenti al posto della faccia. Nient’altro.

Ci rimasi male. Nonostante fossi sicuro di averlo visto, alla fine non è che restassero molte opzioni. Pensai alle solite stronzate: la stanchezza, l’eccitazione, la fantasia, un gioco di ombre, il vino, il comunismo. Non ne parlai a nessuno. Mi tranquillizzai, e due giorni dopo non ci pensavo già più.

Nel frattempo, io e Laura ci frequentavamo sempre più spesso, e iniziavo a notare un gran numero di particolari, alcuni interessanti…

Kire

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