Il Fiato sul Collo (I)

Ne si svegliò, e la prima cosa che invase la sua coscienza fu il pensiero di essere libero.

(E’ gentilezza precisare che Ne si trovava in una situazione leggermente insolita. Per gran parte della sua vita era stato preda di una sorta di strana persecuzione, i cui dettagli non sono noti. Quando, adulto e ormai stanco di sopportare, era stato vicino alla follia, aveva scelto di rivolgersi ad un Sicariidae, una delle figure basse della concezione di Efemeride. Non è chiaro di cosa parlarono, ma è certo che stipularono un patto nella lingua dei figuranti, le cui parole, si sa, sono sfuggenti e mutevoli. Ne riuscì a fuggire dalla sua antica maledizione…ma è più giusto dire che scambiò semplicemente una condanna per un’altra. Fu infatti costretto a vivere ogni giorno sempre con lo stesso stato d’animo, l’inquietude. Ed è per questo motivo che questo risveglio fu così strano per lui; per la prima volta dopo molti anni, un sentimento antico e nuovo allo stesso tempo stava sbadigliando con forza, tra il crepitio delle foglie secche che ricoprivano il suo sentire.)

Ne aprì gli occhi, e la seconda cosa che sorrise ai suoi sensi fu la paura.

(Il panico passeggiava nervosamente avanti e indietro, su e giù lungo i salotti abbandonati nelle iridi. I suoi occhi, che erano gli stessi di Ne, correvano fuori per poi fermarsi sulla linea di un orizzonte che terminava inspiegabilmente pochi metri più in là. C’erano dei muri, ma non riusciva ad oltrepassarli con lo sguardo, e non ne capiva il motivo, e la cosa lo terrorizzava. Era come se stesse osservando allo stesso tempo due realtà diverse e sovrapposte, come se i contorni della prima si muovessero cercando di adattarsi alle forme della seconda, spezzandosi sopra spigoli duri quanto il rimpianto.)

Ne si mise a sedere, e la terza cosa che nutrì la sua ansia fu una piccola figura.

(Stava rannicchiata in un angolo della stanza, animale infreddolito. Aveva sembianze umane, eppure per qualche motivo sembrava un alieno, qualcosa di inavvicinabile, inspiegabile, inguardabile. Era come fissare un sole vuoto, da cui si dovesse distogliere lo sguardo per l’intensità dell’assenza di segnali. Non vestiva simboli né emozioni; nessun quadro disegnava sé stesso alle sue spalle, nessuna parola tra parentesi provava a tradurre la complessità dei suoi pensieri. Era un uomo, era vivo, ed era vuoto. Era la cosa più spaventosa che avesse mai visto.)

“Non fare rumore.”

(Sa parlare! Ma perchè la sua voce è così bassa? Perchè le sue parole si dissolvono, dopo essere state pronunciate?)

“Ci sono più pattuglie del solito stanotte, dev’essere successo qualcosa. Non bastava il coprifuoco del cazzo, servivano sti ragazzini che giocano ai ribelli per finire il quadretto. Ribelli di cosa, poi. La rivoluzione dovevano farla PRIMA, quando c’erano ancora cose da salvare, quando ancora si sapeva contro chi combattere. Hanno lasciato che ci prendessero tutto, hanno letteralmente firmato come tutti il consenso a farsi strappare la vita. E solo ORA si mettono a sparare? Eh beh certo, prima erano troppo occupati a parlottare e scandalizzarsi nei bar. Milioni di piccoli profeti, tutti pronti a condividere la verità e difendere cose come la democrazia dietro un cartello o uno schermo. Tutti scattanti, quando c’era da fare manifestazioni per proteggere ideali inesistenti, giusto? Ma quanti ne hai visti muovere un dito per salvare qualcosa di vero? E ora vogliono combattere, e non sanno manco contro chi. Si ammazzano tra loro, ci credi? Ridicoli rincoglioniti del cazzo…shhh, vedo un’auto. Si è fermata. Silenzio ora.”

 

(La confusione era totale. Ne riusciva a comprendere le parole di quell’uomo, eppure suonavano alle sue orecchie come impercettibili tonfi di una mosca chiusa dentro una bottiglia, che sbatte senza sosta contro le pareti di vetro. Valutò se uscire dalla stanza per cercare di capire qualcosa, anche solo come fosse capitato li, ma il terrore di una ancora maggiore incomprensione, pronta a fargli esplodere la mente in mille pezzi, lo ancorò all’angolo di cemento in cui si era svegliato.)

 

  Ne rimase immobile e tremante, e la quarta cosa che gli alitò sul collo quella notte non fu una cosa.

Kiree

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