Αχέρων [iii]

La zattera procedeva senza fretta particolare, al ritmo delle tranquille remate del traghettatore. Lui si era seduto alle sue spalle, senza una parola, quando -ancora sulla riva- il vecchio aveva girato la misera imbarcazione. Nell’anziano non pareva  ci fosse la minima curiosità verso il suo passeggero, che dal canto suo aspettò il momento in cui il rematore avrebbe detto qualcosa. Il momento non venne e anzi sembrava non dover mai venire. Per cui.
– Quanto è largo questo lago?
La risposta venne da una voce sorprendente. Sorprendentemente normale: – E’ un fiume.
– Un fiume? – Era davvero sorpreso – E’ vastissimo.
– E’ quanto basta.
Non era granchè come interlocutore, certamente. Lui aspettò invano che la discussione continuasse, ma l’accompagnatore rimaneva taciturno e si sentì costretto a riprendere l’iniziativa. Quel silenzio lo sfiancava, e ne aveva avuto anche troppo ultimamente.
– Mi sarei aspettato di vedere più movimento.
– E perchè mai?
– Beh, muore tanta gente…
– E tanta gente vive. Ma lo stesso il vostro mondo è in gran parte deserto.
La logica gli pareva fallace, ma non fece in tempo a protestare, perchè stavolta fu il vecchio a riprendere.
– Come ti chiami?
Fu preso alla sprovvista. Gli disse il proprio nome.
– E perchè sei qui?
Non sapeva se rispondergli. Non trovava una sincera curiosità nel tono di voce, che restava completamente neutro. Per di più parlava alle spalle del traghettatore e non poteva scrutarne il viso per farsi un’idea dei suoi pensieri. Qualora ve ne fossero, ovviamente. Giocò la carta della verità.
– Io… Conoscete la storia di Orfeo ed Euridice?
Ci fu silenzio per alcuni secondi.
– No.
– E’ una vecchia leggenda di amore e morte.
– La posso immaginare. Oppure non posso. O magari non voglio. Lascia stare. Tutte le storie sono uguali.
Rimase piccato, nonostante un certo sollievo. – Siete diverso da come mi aspettavo, sapete?
– Sapevi di me?
– Siete molto noto. Un vecchio italiano vi incontrò e scrisse di voi.
– So di chi parlate. Che disse di me?
Quando sentì la risposta l’anziano abbandonò per la prima volta il proprio distacco e scoppiò in una rauca risata. Si fermò per mormorare: – Caron dimonio dagli occhi di bragia… lo sapevo che ne aveva di fantasia. – e riprese a ridere.
Il suo ospite ne fu sollevato. Aveva temuto di offenderlo. La risata dello psicopompo lo aveva rincuorato, e pose una domanda che lo tormentava dall’inizio del viaggio.
– Mi hanno detto che si può tornare.
– Ti hanno detto il vero. Tornare è possibile. Non impossibile. E non certo.
L’eco dell’ultima vocale non si era ancora spento che la zattera toccò qualcosa. Era l’altra riva. Il traghettatore si voltò verso il suo passeggero. Lo sguardo lo invitava a scendere.
Passò sul terreno. Era a disagio, cercava il modo più semplice per accomiatarsi: – Devo lasciare un obolo? Temo…
Il rematore lo fissò. Occhi mortalmente seri. – Molti sono scesi quaggiù, in tempi lontani, pensando di poter pagare i miei favori con i loro strani simulacri metallici. Quegli oggetti tappezzano il fondo del fiume su cui siamo, se quel fondo esiste, cosa che personalmente ignoro. Io non sapevo che farmene. Ora ascolta. Forse ti ho mentito o forse no. Forse ho sempre saputo chi sei. Forse conosco meglio di te le strane storie che citi, e forse non ho mai incontrato poeti, o anche proprio nessuno prima di te. Forse non ho incontrato nemmeno te.- S’interruppe. Lui si sentiva gelare. Lo psicopompo riprese: – Continua a camminare, allontanati dalla riva. Forse troverai quel che cerchi.
– Non mi augurate buona fortuna?
– Perchè mai?
La zattera si allontano dalla riva. Un minuto dopo non esisteva già più.

 

Opossum

One thought on “Αχέρων [iii]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.