Stile Vittoriano

Quanto è malato ? Quanto è triste ? Quanto è inquietante ?
Guarda questa, c’è lei a terra stesa sul tappeto, vestita di bianco, circondata da giochi. E tutta intorno a lei la sua famiglia.
Cosa vedi ?

La lunga e appuntita unghia del dito ossuto punta la foto. È un’istantanea vecchia e non di poco, roba vittoriana.
Un ritratto di famiglia, tutti ben vestiti sorridenti in un salotto ben arredato. Vecchi e giovani guardano l’obbiettivo, tranne lei a terra. Ha gli occhi chiusi, dorme, è morta.
Un terrore mi esplode nello stomaco, la fiammata mi arriva in gola e fuoriesce sotto forma di gemito.
Hai paura ? Mi dice il volto coperto dall’ombra.
Paura di una bambina ? Di una bambina morta ? Che male può farti ? C’è ne sono tante altre.

Stende un braccio e la parete si illumina, centinaia di foto simili, stesso stile, stessa epoca quasi tutti bambini. Morti che fanno finta di essere vivi. Padri con in braccio il loro neonato morto, due bimbe adagiate insieme in una piccola bara bianca, vestite a festa, boccoli biondi.

Questa è interessante, mi dice.
La parete torna buia eccetto una foto.
Ci sono due ragazze, una seduta, una in piedi. La prima ha gli occhi aperti, sorride all’obbiettivo. La seconda ha gli occhi chiusi, viso sereno.
La tenevano in piedi con un sistema di cinture e un busto. Roba grezza ma sai a quel tempo avevate una morale diversa.

Allora sei giunto a una conclusione ? E’ malato ? E’ triste ? E’ inquietante ?
Non rispondo.

O è solo un altro vostro patetico tentativo di sfuggire alla fetta di realtà che non vi piace ? Vi credete gli eletti di Dio, gli unici esseri nel regno animale che non meritano la morte. Patetici esseri, sempre pronti ad ogni cosa per rendere meno amaro l’inevitabile.
Fa un passo, la luce gli illumina il volto. Rugoso, millenario, due sporgenti palle bianche per occhi scavate in profonde fosse nel cranio, pupille nere e minacciose, squallidi capelli bianchi, unti e lunghi.
Chiudo gli occhi per la paura, fuggo via da lì senza muovere un passo.

Tipico di voi, mi dice mentre la sua voce svanisce, chiudete gli occhi davanti alla realtà.

Sono altrove, non sono ancora sveglio.
Credo di essere tornato bambino, sono in un museo, vedo tanti coetanei vestiti con un grembiule blu. Percorriamo un lungo corridoio di marmo, grosse vetrate fanno luce ma essa è talmente forte da non mostrare nulla dall’esterno, solo un puro bianco.
Ai lati del corridoio ci sono statue greche, credo. Sculture perfette di perfetti corpi nudi, eccetto per il cazzo, è stato tagliato via a tutte, c’è solo il segno di un secco colpo di scalpello.
I bambini ridono tutti, rido anche io.

E vado via di nuovo, dormo ancora.
Sono in macchina, su una strada dritta come il corridoio di marmo, piove tanto che il tergicristallo nel fare destra sinistra a quella velocità sta per saltare via.
In lontananza vedo due babbo natale, non sono in rosso ma blu. Stanno facendo un posto di blocco. Uno sul lato della strada paletta in mano, l’altro poggiato su un’Alfa Romeo 75 sfoglia delle carte. Entrambi incuranti della pioggia.
Quando arrivo a cento metri quello al lato della strada mi mostra la paletta.

Vado via di nuovo e questa volta sono sveglio, c’è il gatto sul mio petto, fa le fusa e con gli artigli mi accarezza il collo.
Sento il bruciore causato dal suo sfregare.

Slon

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